Tre persone su dieci si portano dietro un fastidioso dolore nella parte bassa della schiena che talvolta si irradia ed arriva fino agli arti inferiori, durando fino all’anno e oltre, non risolvendosi in due o tre settimane come capita nella maggior parte dei casi. Si tratta di una patologia nota come ernia del disco lombare, una causa comune di lombalgia e di dolore (comunemente definita come “sciatica o lombosciatalgia”) che può avere un impatto significativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto. Purtroppo, questa problematica oggi riguarda anche i più giovani: “Nel corso degli anni, il cambiamento dello stile di vita dei ragazzi, che passano sempre più tempo seduti e sempre meno in movimento, è andato di pari passo con l’aumento della prevalenza di alcune patologie – spiega la fisioterapista Sara Rossi Raccagni – tra le quali troviamo anche l’ernia del disco lombare”.
Vediamo meglio di cosa si tratta. L’ernia discale consiste nella fuoriuscita di materiale del nucleo polposo del disco intervertebrale, causata dalla rottura delle fibre dell’anello fibroso che formano la parete del disco. dalla sua sede naturale di un disco intervertebrale, ovvero. Il disco intervertebrale è quel cuscinetto situato tra due vertebre che ammortizza i carichi a cui la colonna vertebrale è sottoposta durante la giornata. I dischi maggiormente interessati da questo processo degenerativo sono quelli che si trovano tra la quarta e la quinta vertebra lombare e tra la quinta vertebra lombare e l’osso sacro.
Ma quali sono i fattori di rischio che contribuiscono alla sua insorgenza?
Uno studio recente Risk factors for lumbar disc herniation in adolescents and young adults: A case-control study, è andato ad analizzare i fattori di rischio per l’ernia del disco lombare in 208 pazienti entro i 25 anni di età.
L’obesità, che corrisponde ad un BMI (indice di massa corporea) superiore a 30, si è riscontrata essere è stata trovata strettamente associata al rischio di insorgenza di ernia del disco lombare, probabilmente a causa del maggior carico esercitato sulle strutture della colonna vertebrale.
Anche l’adozione di posture scorrette da seduti e il mantenimento della posizione seduta per più di 6 ore al giorno sono state individuate come fattori di rischio per l’insorgenza dell’ernia discale: “L’adozione di posture “pigre”, (con la schiena rilassata all’indietro in appoggio allo schienale e con il bacino scivolato in avanti, o ricurva con il capo e la parte superiore del corpo protesi in avanti), causa uno stress maggiore sulla colonna vertebrale e aumenta la probabilità che il disco degeneri, soprattutto quando queste vengono mantenute a lungo – continua Rossi Raccagni – Anche episodi precedenti di trauma lombare sembrano aumentare il rischio di ernia discale, e gli atleti sono tra le categorie più esposte, per il maggior stress esercitato sulle strutture della colonna, soprattutto quando gli allenamenti, e in particolar modo il riscaldamento iniziale, non sono condotti in modo adeguato”.
Infine, un aspetto da tenere in considerazione come fattore di rischio è l’ereditarietà, ossia se in famiglia esistono casi di ernia del disco, con alla base possibili anomalie genetiche mutazioni nei geni responsabili di componenti della matrice extracellulare, mediatori infiammatori e metabolismo proteico.
Ad eccezione di quest’ultimo fattore di rischio, sul quale non abbiamo modo di intervenire, tutti i precedenti possono essere tenuti sotto controllo adottando uno stile di vita sano, riducendo il più possibile il tempo trascorso in posizione seduta e allenandosi in modo regolare e adeguato alla propria struttura corporea. Prima di iniziare l’allenamento sport-specifico, è bene riscaldarsi in modo completo per migliorare l’elasticità muscolare e l’ampiezza di movimento della colonna in tutte le direzioni, per ridurre il rischio di incorrere in traumi accidentali.
In presenza di ernia discale è sempre bene affidarsi a medici specializzati nel trattamento delle patologie della colonna vertebrale, i quali sapranno guidare passo dopo passo il paziente e affidarlo a fisioterapisti esperti.
La terapia di prima scelta è quella definita “conservativa”, una terapia che deve sempre essere multidisciplinare e può comprendere l’utilizzo di farmaci (antinfiammatori e neurotrofici), l’educazione all’assunzione delle corrette posture, la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia manuale e gli esercizi – conclude Rossi Raccagni – In caso di mancato miglioramento del dolore con la terapia conservativa o di comparsa di deficit neurologici (stenici e/o sensitivi importanti) il paziente potrà essere indirizzato verso l’opzione chirurgica”.
Per l’ernia del disco esistono anche terapie definite “mini-invasive”, considerate a metà strada tra le conservative e le chirurgiche
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